I FANTAUZZO A BARRAFRANCA
E’ difficile parlare di un artista poco conosciuto, di cui nessuno ha ancora scritto in modo esauriente e definitivo, ed è ancora più difficile scrivere su persone alle quali si è legati da vincoli di parentela: si rischia di essere poco obiettivo e di lasciarsi trascinare dal “richiamo del sangue”. Queste due difficoltà provo ora, che mi accingo ascrivere sui Fantauzzo, in primo luogo perché non esiste nessuna pubblicazione sulla loro vita e sulla loro opera (tranne un articolo apparso su “Il Pungiglione” del Marzo del 1984, che parla dell’attività dei Fantauzzo a Mazzarino, scritto dal dott. Antonino D’Aleo); in secondo luogo, perché Giuseppe Fantauzzo, l’iniziatore della tradizione artistica della famiglia e il più importante, fu il mio bisnonno da parte di madre.
Dopo questa doverosa premessa, cercherò, nella stesura di quest’articolo, d’essere quanto più è possibile imparziale, tanto più che le mie deduzioni possono essere facilmente verificabili dovendo io parlare dell’opera dei Fantauzzo a Barrafranca
Giuseppe Fantauzzo nacque a Barrafranca il 26 Gennaio 1851 da Carmelo, nato a Mazzarino il 1814, e da Agata Guarneri, nata a Barrafranca il 1823. Il padre esercitava il mestiere di ciabattino e, come abbiamo detto, era originario di Mazzarino. Egli, dopo il matrimonio con Agata celebrato il 5 Giugno 1839 a Barrafranca, si trasferì in questo paese. Prima di Giuseppe, aveva generato Fortunata (12 Marzo 1840), Marianna (20 Novembre 1841), Amedeo 1° (20 Febbraio 1844), Amedeo 2° (16 Settembre 1845), e i gemelli Amedeo 3° e Giuseppe 1° (17 Giugno 1848). Dopo Giuseppe 2°, erano nati Santo (2 Novembre 1853) e Vincenzo (27 Agosto 1855), Quasi sicuramente Amedeo 1°, Amedeo 2° e Giuseppe 1°, morirono dopo pochi mesi dalla nascita, ma non abbiamo notizia della loro morte prematura; sappiamo soltanto della morte di Santo, avvenuta il 15 Luglio 1854, a meno di un anno dalla sua nascita.
Nel 1858, per ornare di stucchi la chiesa Maria Santissima della Stella, fu chiamato a Barrafranca il grande Vincenzo Signorelli, che lavorava aiutato dal fratello Salvatore. Vincenzo nacque a Siracusa da Gaetano e Caterina Colombo dei Conti Danieli nel 1825 e fu professore di Architettura e Disegno Plastico presso le Scuole Magistrali, Tecniche e Normali di tutto il Regno d’Italia.
Sicuramente il piccolo Giuseppe di appena sette anni, dovette recarsi molto spesso a vedere lavorare il grande maestro e dovette restare affascinato dalla bellezza e perfezione della sua opera. Non abbiamo notizia se sia stato al servizio del Signorelli, durante i lavori eseguiti nella chiesa Maria Santissima della Stella, ma già lo troviamo al suo fianco quando, in seguito, fu affidato al maestro il compito di decorare la Chiesa Madre. Sconosciamo la data esatta dell’esecuzione degli stucchi di questa chiesa, ma sicuramente nel 1876 dovevano essere completati, perché abbiamo notizia che la morte colse il Signorelli nel nostro paese appunto in quest’anno, dopo 51 anni di vita.
Giuseppe Fantauzzo, allievo di un così grande maestro, ne accettò consapevolmente e deliberatamente l’eredità artistica e si ritenne il suo continuatore. Insieme al fratello Amedeo, realizzò pregevoli stucchi e statue nelle principali chiese di Barrafranca, Grammichele, Aidone, Pietraperzia, Piazza Armerina, Mazzarino, ecc.
La prima grande opera di Giuseppe Fantauzzo a Barrafranca fu la decorazione della chiesa Madonna dell’Itria. Gli stucchi coprono tutto l’interno in un susseguirsi continuo di fiori, piante, angeli, festoni, come se non dovessero finire mai, in un crescendo continuo. Anche se riveste quasi tutta la volta e le pareti, l’ornato degli stucchi si presenta contenuto e non soverchia e nasconde la struttura architettonica della chiesa, che risulta nitida e chiara. Dall’esame degli stucchi, possiamo collocare la loro esecuzione forse tra il 1876 e il 1880.
Nell’eseguire quest’opera il Fantauzzo subì ancora l’influsso del suo maestro, il Signorelli. Infatti, l’insieme degli stucchi, in cui il classico e il barocco s’intrecciano senza soluzione di continuità, richiama quello della Chiesa Madre, ma già s’intravede la personalità dell’autore, in modo più velato nei bassorilievi della volta e in maniera molto più chiara nella soluzione della parte absidale con uno pseudo tempietto, sostenuto da otto colonne, quattro da ogni lato, e terminante a semicupola a tutto sesto, ornata da statue. Questa sarà la caratteristica del Fantauzzo, il quale la ripeterà con più o meno varianti, quando eseguirà la decorazione di altre chiese nei diversi centri della Sicilia.
In alto la volta è divisa in cinque parti, che racchiudono ovali con bassorilievi, i quali rappresentano: l’Annunciazione, la Madonna dell’Itria, l’Assunta, San Francesco di Paola, e la Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù. All’epoca del rifacimento della chiesa da parte del Fantauzzo, gli ovali della volta, quasi sicuramente, dovevano corrispondere ai Santi venerati sugli altari delle pareti: attualmente alcuni ancora concordano, altri sono scambiati di posto, altri ancora completamente diversi.
In questi bassorilievi il Fantauzzo con minimo sfoggio plastico, con gradazioni di piani appena percettibili, attraverso cui si realizza la prospettiva, raggiunge la massima densità di forma e di espressione.
Tra il 1880 e il 1890, il Fantauzzo ebbe l’incarico, sempre a Barrafranca, di decorare con stucchi la della Madonna delle Grazie. Il nostro nell’eseguire quest’opera, abbandonò lo stile del maestro e ritrovò la sua vera fisionomia, che continuerà nella decorazione della cappella del Seminario di Piazza Armerina, forse il suo capolavoro. L’insieme degli stucchi risulta quasi geometrico ed elegante, ma nello stesso tempo rivela una certa ingenuità sognante: ne scaturisce un grande senso di pace e di serenità, che invita al raccoglimento ed alla preghiera.
L’altare maggiore è sormontato da un arco a tutto sesto, sorretto da colonne. In alto, ai lati, due statue rappresentanti angeli; al centro una raggiera con il simbolo della Vergine; all’interno sopra la nicchia, un bassorilievo della Madonna delle Grazie. Il Fantauzzo, nel fermare l’immagine degli angeli e della Vergine, si rivela promotore di una nuova severità stilistica di gusto antico, ma al tempo stesso talento sensibilissimo al carattere dei suoi soggetti, ed una certa essenzialità della forma e dei panneggi, con un linguaggio concretamente innovatore.
Verso il 1890, Amedeo si separò da Giuseppe, in quanto per motivi di lavoro dovette recarsi a Palermo, dove si sposò e si stabilì; ma Giuseppe non rimase a lavorare da solo: a parte i numerosi allievi, che egli trattava con amorevole severità, c’erano soprattutto i suoi figli, nati dal matrimonio con Assunta Guerrieri, avvenuto a Barrafranca intorno al 1873.
Degli otto figli, quattro maschi (Giuseppe (Barrafranca 1887-1914), Carmelo Barrafranca 1879-1906), Calogero (Barrafranca 1882-1967) e Salvatore (Mazzarino 12-10-1894- San Cono 29-04-1959) e quattro femmine (Agata, Alfonsina, Annunziata e Fortunata Maria Assunta), soprattutto Carmelo, Calogero e Giuseppe mostravano una particolare attitudine per l’arte ed aiutavano il padre secondo le loro possibilità. Un valido aiuto il Fantauzzo riceveva anche dal nipote Antonino Musolino, il continuatore dell’opera del nostro con Carmelo e Calogero. Antonino Musolino, pittore, stuccatore e scultore, fu l’autore, fra l’altro, delle statue poste sulla facciata del Teatro “Garibaldi” di Piazza Armerina., Di lui ricordiamo il disegno a penna acquerellato del progetto del Carro Trionfale della Madonna del Mazzaro, realizzato nel 1900 a Mazzarino.
La decorazione della Chiesa della Madonna dell’Itria e di quella della Madonna delle Grazie, sono le opere più importanti realizzate da Giuseppe Fantauzzo a Barrafranca, ma abbiamo detto, egli operò in molti altri paesi, e quasi sicuramente ogni che riceveva una commissione di una certa consistenza, si spostava in quel paese con tutta la famiglia.
A Grammichele dovette dimorare a lungo, come attesta la quantità delle opere realizzate, e proprio in questo paese dovette avvenire la prima caduta del Fantauzzo dall’alto di un ponte di legno, con conseguenze non gravi. Continuò la sua opera di pittore, scultore, architetto ed adornista plastico; ma una seconda caduta, avvenuta questa volta a Mazzarino, mentre restaurava il “cappellone” della Chiesa del Carmine, dovette riuscirgli fatale.
Si racconta che “caduto in piedi”, sembrò non aver riportato alcun danno e si recò presso l’originaria Barrafranca, dove, dopo otto giorni, morì all’improvviso, nel 1899 a soli 49 anni.
Ne continuarono l’opera i figli Carmelo, allora ventenne, Calogero, di diciassette anni, e il nipote Antonino Musolino. Li troviamo a lavorare insieme, sempre nel nostro paese, verso i primi del 1900, quando si ampliò la chiesa Maria Santissima della Stella, con l’aggiunta delle navate laterali, che furono ornate da stucchi.
Carmelo, che era il vero continuatore dell’opera del padre e che faceva prevedere un livello artistico non inferiore, fu in particolare gessista e stuccatore, restò celibe e morì a ventisette anni nel 1906 (di lui rimane anche un libretto di poesie); Antonino Musolino emigrò in America; e Calogero,che aveva maggiormente la funzione di muratore che di stucchista, non si occupò più di arte. Non si interessò mai di arte l’altro fratello Salvatore, che fu Segretario comunale a San Cono dove il 21-12-1927 sposò Maria Mulè, da cui ebbe il 13-09-1928 la figlia Maria Assunta.
Un accenno a parte merita l’altro figlio Giuseppe junior, che fattosi sacerdote, scolpì le edicole che contengono i quadretti della Via Crucis della chiesa del convento di San Benedetto. Le nicchie sono tutte in legno, finemente lavorato e traforato, impreziosite in basso da pennacchi e da guglie che s’intrecciano e si susseguono, decrescendo dal centro verso l’esterno. L’opera fu eseguita verso il 1914, alle soglie della prima guerra mondiale; nello stesso anno l’autore morì a soli ventisette anni. (Dopo la chiusura al pubblico della Chiesa perché pericolante, la Via Crucis fu trasferita dalle suore in un’ala del corridoio superiore del Convento, adibita a Cappella, fino al 1984. Da allora non se ne ha più notizia).
Nel campo della scultura si distinse anche il nipote di Giuseppe Fantauzzo, il figlio del fratello Vincenzo, Carmelo, nato a Barrafranca il 6 Novembre 1879. Il padre Vincenzo, si trasferì con la famiglia a Milano, ed ebbe oltre a Carmelo altri due figli Amedeo e Gaetano (invalido di guerra).
Carmelo Fantauzzo, trasferitosi in Francia, nel 1910 era già un affermato scultore di Parigi, come attesta una “Deliberazione del Consiglio Comunale di Barrafranca”del 10 Luglio dello stesso anno. A Parigi conobbe Renèe Obeler, che sposò a Lambrate il 22 Settembre 1915. Dopo il matrimonio ritornò a Parigi, per trasferirsi di nuovo in Italia nel 1919, dove morì il 18 Febbraio 1922.
Quelle sopra descritte sono le opere certe dei Fantauzzo a Barrafranca; ma per amore di cronaca ne vogliamo citare altre tre, che si trovano nella chiesa Maria Santissima della Stella e che la testimonianza dei discendenti attribuisce ad uno dei Fantauzzo, non si sa però chi. Si tratta della bellissima statua di San Luigi Consagra, della decorazione esterna della cupola del campanile, e delle “figlie di Maria”, figure dipinte ai lati della “Madonna dei raggi” di Francesco Vaccaro.
Dopo aver esaminato l’attività artistica dei Fantauzzo a Barrafranca, si può cercare di dare un giudizio sulla loro opera, ma un vero e proprio giudizio si può formulare solo su Giuseppe, il cui livello artistico si differenzia notevolmente da quello degli altri, tanto più che i figli, e in particolare Carmelo, morti quasi tutti prematuramente, come abbiamo detto, non hanno avuto il tempo di esternare le loro possibilità artistiche.
Siamo di fronte ad un grande misconosciuto dell’arte italiana dell’ottocento, pur trattandosi di un artista d’incomparabili risorse di grazia, fantasia fervore plastico e ornamentale. Egli, infatti, dopo essersi liberato dagli influssi del Signorelli, manifesta tutta la sua personalità,che assorbe i contrasti e le incertezze del suo tempo, rivivendole con una personalissima impronta di serenità, di leggerezza e di delicatezza.
A classificarlo basta quella specie di poema plastico che anima la Chiesa della Madonna delle Grazie a Barrafranca, con pastoso e delicato congegno di statue, rilievi ed ornati.
Con una tecnica incredibilmente applicata ad una materia relativamente povera quale lo stucco, egli sembra preludere all’arte moderna, tramite la sua visione di severa staticità, che adombra la compostezza classica; non si tratta però di un classicismo di recupero, bensì di una versione del tutto originale in cui l’artista riversa il suo amore per la vita semplice, informata da sentimenti elementari. Il Fantauzzo non è un novatore rivoluzionario, ma ridona alla scultura, al rilievo ed all’ornato una nuova dignità, mediante un linguaggio rigorosamente fondato su una misura architettonica, che esalta i superbi equilibri delle masse modellate.
Da quanto detto, si evince che il Fantauzzo si possa ritenere un precursore dell’arte moderna. Nella sua opera, infatti, va affiorando una sensibilità del tutto differente da quella antica, una nuova intelligenza formale, che dovrà progressivamente acquisire una nuova dimensione, perché no sopranazionale: il nostro va tentando la costruzione di una forma espressiva autonoma, essenziale e perciò prettamente moderna. Sicuramente, a nostro modesto parere, non ci troviamo di fronte ad un uomo con una formazione chiusa e provinciale, ma davanti ad un artista abbastanza aggiornato e sensibile ai richiami culturali provenienti dai centri non solo italiani, ma anche europei; ad un artista da essere rivalutato e con tutte le caratteristiche in regola per entrare, anche se in punta di piedi, nel gran concerto dell’arte internazionale.
Voglio concludere questo mio lavoro con una curiosità, se così si può chiamare: il nome dei Fantauzzo del ramo del grande Giuseppe è destinato ad estinguersi, perché attualmente esiste solamente, con questo cognome, discendenza femminile.
(Per la stesura di quest’articolo mi sono avvalso del mio volume “Guida alle principali Chiese di Barrafranca ed ai loro tesori nascosti”; dell’articolo “I Fantauzzo nell’arte” di Antonio D’Aleo; e soprattutto della testimonianza orale dei diretti discendenti di Giuseppe Fantauzzo).
Gaetano Vicari