30° ANNIVERSARIO DELLA BENEDIZIONE E DELL’INCORONAZIONE DEL NUOVO QUADRO DI MARIA S.S. DELLA STELLA (Testimonianze dell’autore Prof. GAETANO VICARI)

     Sono stato sempre affascinato ed attirato dall’immagine della Madonna della Stella, compatrona di Barrafranca. Ascoltavo da piccolo con interesse ed attenzione i racconti che si tramandavano sul dipinto miracoloso, come quello dell’invasione dei “grilli”(in realtà locuste) che una volta danneggiavano il raccolto e che, per intervento della Madonna portata in processione, si raccolsero prodigiosamente sul tetto della chiesa. La distruzione delle messi fu scongiurata… ma un grillo impertinente punse il volto della Vergine, da cui stillò una goccia di sangue…
    Tutte le volte che avevo occasione di osservare da vicino il quadro della Compatrona, cercavo di scorgere i segni di questi racconti, e scrutando attentamente distinguevo sul volto la piccola macchia di sangue, oppure… i sette veli (in realtà ne vedevo ed era uno), che dovevano  proteggere la madre di Dio e velarla agli occhi dei fedeli che la invocavano e chiedevano le grazie, quale icona potente e distante, ma nello stesso tempo vicina…
     Tralascio di parlare delle origini della pala, perché ci si avventurerebbe nel groviglio delle ipotesi: fu dipinta nel 1330, quando la famiglia Barresi comprò il Casale di Convicino, favorendo la prima ondata di immigrati militellesi o nel 1572 durante la loro più massiccia immigrazione?
    Quello giunto a noi era un rozzo dipinto ( ad olio? a tempera?) su tela distesa su legno, rovinato, più volte ritoccato, in alcune parti ridipinto, (specialmente nel san Giovanni Battista), e con la figura della Vergine completamente ricoperta da finte vesti di seta, tranne il volto e le mani.
   “La Vergine, maestosamente seduta sotto un baldacchino, allattava il Bambino mentre il suo sguardo materno era perduto lontano, in un punto al di fuori del quadro; ai suoi lati in piedi due figure di santi, sant’Alessandro e san Giovanni. Nelle figure rappresentate nel dipinto, si notava, principalmente nella Vergine e nel sant’Alessandro, l’uniformità dei volti: una tipologia unica e senza una sostanziale caratterizzazione. Si trattava di una tipologia basilare che voleva portare i volti al di sopra di ogni altra precisazione. Anche il repertorio di segni di cui il pittore disponeva era ridotto all’essenziale: erano pochissimi, ma perfettamente rapportati alla semplicità del tessuto pittorico ed alla sintesi delle immagini. L’opera sembrava eseguita perfettamente per rispondere allo scopo prefisso, quello di richiedere con semplicità l’attenzione di gente semplice”. La tela era impreziosita da diversi ex-voto e nel periodo della festa la testa del Bambino era ornata da una corona, mentre quella della Madonna da una corona e dallo Stellario, oggetti tutti in argento.
     Il tempo della ricorrenza, i primi di settembre, era un tripudio di giostre, colori, odori e luci, che per tutto il periodo della “quindicina” si concentravano in Piazza Fratelli Messina tra le bancarelle dello zucchero filato e dei “bomboloni” avvolti nella carta oleata variopinta. Il tutto culminava  l’otto settembre con la banda che raccoglieva le offerte per le vie del paese, la corsa “di ritini” traboccanti di grano, la Messa solenne, la processione con lo sparo di mortaretti ed infine “u castiddu ‘ u fucu”…
     Nel giorno della festività normalmente però passava per la “via dei Santi” del paese la reliquia del  “capello della Madonna”, ma il settimo anno era quello della festa grande, con la processione dell’antico quadro  e di tutte le statue dei Santi del paese: san Francesco, sant’Antonio, santa Rita, santa Teresa ecc…: erano disposte in due file e precedevano solennemente l’immagine della Compatrona su un carro riccamente addobbato…
     In seguito (1963) si abbandonò questa tradizione e si fece uscire il dipinto  ogni anno: una volta fu posto su un camion con una gradinata ornata da stoffe bianche, su cui stavano dei bambini vestiti da angeli, che pregavano la Madonna Della Stella posta alla sommità…un’altra volta noi giovani del Circolo Cattolico decidemmo di ripristinare l’antica consuetudine di portare la Madonna in processione a spalla, primo tentativo di un’usanza consolidatasi negli ultimi anni.
     Il popolo barrese ha manifestato e continua a manifestare  una devozione profondamente radicata alla Madonna della Stella e le attribuisce l’elargizione di molte grazie: ne sono testimonianza i tanti oggetti d’oro che i fedeli le offrivano e le offrono. La maggior parte dell’oro veniva esposto per ornare la stoffa che copriva la veste e il manto della Madonna .
    Si crede che forse questa grande quantità d’oro sia stata la causa del furto sacrilego avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 giugno del 1977.

     Ricordo che appresi la notizia del trafugamento della pala della Madonna della Stella la mattina del 20 Giugno 1977, nei pressi dell’incrocio tra la via Vasapolli e la via Principe Scalea. “Dopo un primo attimo di sbigottimento, ancora incredulo, corsi subito in Chiesa.  Appena entrato, gli occhi si posarono là, sull’altare maggiore, nel posto dove sapevo si trovasse il dipinto: l’altare era come se apparisse diverso, come spogliato e profanato; anche tutta la Chiesa sembrava spogliata e profanata. L’arca, che conteneva l’opera, era vuota e nel telaio i resti della tela sfilacciata, testimoniavano la violenza con cui la tela era stata strappata.”
     Da allora, fino a questo momento non si è avuto più notizia del quadro e quell’anno, l’otto Settembre giorno della festa, Barrafranca non vide passare per le sue vie l’antica immagine, divenuta ormai familiare, di Maria Santissima della Stella.
    Dopo ripetuti appelli ai ladri, perché restituissero la sacra tela, il parroco della Parrocchia Maria S.S. della Stella don Giuseppe Zafarana, d’accordo con la Commissione d’Arte Sacra, stabilì  di indire un Concorso per una nuova pala della Compatrona. (Siamo tra le fine del 1977 e l’inizio del 1978).
    Decisi di partecipare e mi adoperai a procurare la tela  e tutto l’occorrente di ottima qualità. Il compito però era molto arduo perché si trattava di rifare un’opera che avrebbe sostituito la vecchia immagine, alla quale il popolo barrese era legato da sentimenti antichissimi di fede e devozione. La Madonna della Stella  aveva assunto per Barrafranca a poco a poco un grande valore familiare ed affettivo a discapito del patrono sant’Alessandro.
    Maturò così in me l’idea che, per continuare la tradizione, avrei concepito una composizione con la stessa sagoma della vecchia, nella quale la Madonna che allatta il Bambino  con i due santi ai lati sarebbe stata formulata con soluzioni personali, anche se classicheggianti.
    Cominciando l’esecuzione di questa intuizione, ben presto capii che si sarebbero presentati diverse difficoltà da risolvere e superare. Per iniziare, cercai di riprodurre le parti dell’antico dipinto che ritenevo più adatte all’idea che avevo progettato, come il cielo e, nei limiti del possibile, la figura del san Giovanni; ma gli altri personaggi dovevano essere completamente rielaborati.
    Avevo trasferito lo studio pittorico in un casolare di campagna, dove ogni giorno mi recavo a dipingere. Mi dedicai al quadro per quasi tre mesi. Fu un lavoro intenso, pieno di fervore e di delusioni, di ripensamenti e di soddisfazioni. Quante volte accarezzai con il pennello le gote della Madonna; quante volte rifeci e corressi gli occhi, cercando quello sguardo materno e puro; quante volte rifeci l’accenno del sorriso delle labbra: rifacevo, cercavo, sfumavo per trovare tra sguardo e sorriso quell’equilibrio, che avrebbe prodotto e fissato l’espressione materna, umana e sovrumana della Madre di Dio.
    La figura di sant’Alessandro ( per alcuni San Luca) non mi diede tanti problemi anzi mi procurò delle soddisfazioni nella realizzazione del broccato del piviale, della sua fibbia cesellata e dell’anello papale.(Stranamente il santo tiene in mano un libro, oggetto che forse avvalora la tesi la quale sostiene che prima si trattasse di san Luca, che adornato “con mitra e pastorale”[di questo non c’era e non c’è traccia nel dipinto] fu trasformato in sant’Alessandro).
   Come ho prima accennato l’attuazione di san Giovanni Battista fu la più vicina all’originale, anche se nell’eseguirla dovetti ricostruire l’anatomia del petto e del braccio, nell’antico dipinto troppo villosi, e rifare più realisticamente la canna e l’agnello.
    La parte del dipinto con la figura della Vergine doveva essere la  più studiata, perché, come perno della struttura, doveva creare, con l’alternanza  dei volumi, profondità, equilibrio e consistenza  all’insieme. La sagoma antica, che anche qui volli mantenere, determinò diverse difficoltà, specialmente nella posizione del Bambino, nell’originale troppo alto. La mammella che allatta, di conseguenza,  risultò anatomicamente inesatta (cosa che suscitò alcune critiche), anche se sostenuta e sollevata dalla mano della Vergine; e il cuscino su cui siede il Bambino divenne troppo pieno e un po’ sproporzionato: avrei potuto ovviare a questi “difetti”, abbassando il Bambino, ma preferii restare fedele al progetto iniziale. Nella mia scelta fui anche confortato dalle diverse iconografie della Madonna nel corso dei secoli in cui non sono rispettate le proporzioni anatomiche, ma le esigenze emozionali ed istintive dei singoli autori.
    Il panneggio del manto e della veste, interamente ricostruito, contribuì a dare profondità alla composizione nella successione delle parti in avanti illuminate dal ceruleo e dal rosa, e di quelle indietro ombreggiate e rese più profonde dall’oltremare e dal rosso cadmio scuro.
   Per finire ricreai la base del trono, della quale nell’originale non c’era traccia, per ripristinare la posizione della Vergine seduta, rispetto ai due Santi ai lati in piedi. La struttura risultò così ben definita su diversi piani, con i due Santi che si stagliano su un cielo mattutino, posti un po’ indietro, e con la Madonna sul trono in primo piano, la quale avanza in uno slancio d’amore verso i fedeli.
     Durante i mesi di incessante lavoro pittorico, il casolare di campagna fu meta di molte visite: amici, parenti, conoscenti venivano a trovarmi per vedermi dipingere e per ammirare l’opera, che a poco a poco prendeva forma. Molte cose furono motivo di discussione, qualche piccolo “difetto”, visto o scoperto da occhi diversi dai miei, venne corretto; altri particolari, frutto di convincimento ragionato, rimasero tali e quali…ma tutti erano concordi nel sostenere la  validità dell’ impostazione e l’armonia della composizione. (Venne anche il parroco don Giuseppe Zafarana ed un pittore barrese partecipante allo stesso Concorso).
   Man mano che il lavoro procedeva, si rafforzava in me la convinzione di andare creando una pala la quale mi recava, nell’esecuzione e nel risultato dell’abbozzo generale, una sensazione di appagamento, che mi spronava a proseguire, anche perché la scadenza della consegna incalzava.
Finita la fase della schematizzazione complessiva, mi dedicai alla cura dei particolari, cercando di non disturbare l’armonia e l’equilibrio dell’insieme.
   Le ultime rifiniture e i ritocchi richiesero molto tempo, anche perché in una tela di quelle proporzioni non si finiva mai di correggere, rivedere, ritoccare, sfumare…riservai speciale attenzione allo sfavillìo degli ori dei bordi, delle stelle e delle aureole (delle quali ho mantenuto le proporzioni originali, restando quella di San Giovanni più piccola rispetto alle altre), in un gioco equilibrato di ocra oro e giallo di cadmio. All’ultimo momento dovetti dipingere anche lo Stellario e la piccola stella cometa sul manto, (un amico mi aiutò a dividere il cerchio in dodici parti uguali).
    Allo scadere del tempo, a discapito della fatica fisica e mentale per l’impegno di mesi, l’immagine di Maria S.S. della Stella era completata: il dipinto nel suo insieme mi dava un senso di soddisfazione, percezione che cresceva man mano che osservavo il quadro anche nei particolari; e mi consolava il fatto che chi lo ammirava per la prima volta  e coloro che lo avevano visto realizzarsi esprimessero tutti lo stesso consenso.
    La tela fu trasportata nella Parrocchia Maria S.S. della Stella, dove vennero raccolte anche le altre opere partecipanti, contrassegnate dai seguenti numeri:
1. a firma di Giuseppina Mattina
2. a firma di Gaetano Salemi
3. a firma di Emilia Mendola
4. a firma di Adriana Satariano
5. a firma di Antonino Milazzo
6. a firma di Gaetano Vicari
7. a firma di Pasquale Mancuso
8. a firma di Giuseppe Puzzanghera.
La Giuria formata da
1. Mons. Gioacchino Federico, Vicario Episcopale e Presidente della Giuria
2. Mons. Giovanni Faraci
3. Parr. Luigi Faraci
4. Parr. Giuseppe Zafarana
5. Sac. Giuseppe Bonfirraro
6. Sac. Salvatore Nicolosi
7. Sac. Alessandro Geraci
8. Mons. Emanuele Cassarà, Segr. della Commissione d’Arte Sacra
9. Suor Angelica Sinatra, Sup. Comunità Domenicane di Barrafranca
10. Suor Elvira Sinatra.
11. Ins. Gaetano Orofino, rappr. Parrocchia Itria
12. Ins. Lucia Strazzanti, rappr. Parrocchia Madrice
13. Prof. Diego Aleo, rappr. Parrocchia Grazia
14. Sig/rina Benedetta Aiello, rappr. Parrocchia Madonna
15. Ins. Francesco Balsamo, rappr. Parrocchia Madrice, e Segretario della Giuria
16. Geom. Angelo Patti, rappr. Parrocchia Madonna
               (non si ha notizia dell’altro componente)
si riunì il pomeriggio del 12 e la mattina del tredici Agosto 1978, e dopo aver osservato e valutato attentamente tutti  i quadri partecipanti al Concorso, si espresse tramite votazione, che diede il seguente risultato:
-il quadro n. 6  a firma di Gaetano Vicari, voti 17, cioè l’unanimità
-il quadro n. 8  a firma di Giuseppe Puzzanghera, voti 10
-il quadro n. 4  a firma di Adriana Satariano, voti 5
-il quadro n. 3  a firma di Emilia Mendola, voti 2.
     Appresi la notizia della scelta della mia opera, mentre mi trovavo in via Umberto I. Tutti si congratulavano con me; “Radio Luce” volle registrare su una cassetta una mia intervista “a caldo”, da mandare in onda a più riprese. Nei giorni successivi andai a scrivere sulla tela la mia firma, che preferii mettere sul retro, per non disturbare l’equilibrio del dipinto.  Barrafranca aveva di nuovo la sua Compatrona, e quello che più mi appagava era la consapevolezza  che tutto era avvenuto per opera mia. Nello stesso tempo pensavo però di disabituarmi a questa idea e di comportarmi come se la pala non fosse stata dipinta da me.
       Per questo partecipai in modo ufficiale solamente alla Cerimonia di benedizione il 30 Agosto 1978.
      Assistetti alla solenne incoronazione della Madonna e del Bambino il 7 Settembre da parte del Vescovo mons. Sebastiano Rosso con nuove corone d’argento offerte da Maria Caltavuturo ved. Ferreri, mescolato in mezzo alla folla; e non ho mai voluto accompagnarmi alle Autorità dietro la nuova immagine della Madonna in processione il giorno della festa. A chi mi chiedeva che cosa provassi a vedere per le vie del paese il mio quadro, rispondevo che ormai non lo consideravo più una cosa mia, ma di tutto il popolo barrese, e in particolare di quei fedeli che pregano ed implorano la Madre di Dio: io ero stato solo il mezzo per la realizzazione di tutto questo.
   Una volta un rappresentante della Soprintendenza alle Belle Arti di Enna volle essere accompagnato a vedere il mio dipinto della Compatrona: dopo averlo ammirato, mi chiese perché avessi usato in alcune parti dei toni un po’ vivaci…”Lasciamo al tempo, alla polvere, al fumo delle candele… il compito di scurire i colori!” fu la mia risposta.
     (Ho rinunciato a tutti i diritti di autore delle varie copie dell’opera, chiedendo solo che nelle riproduzioni passate, presenti e future fosse posta la seguente scritta: “Opera di Gaetano Vicari)
                        Gaetano Vicari

BARRAFRANCA, 2008


 

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