Barrafranca-Chiesa Madre: Padre Giovanni Cravotta e l'arte
La poca sensibilità all'arte e la disattenzione indussero mons. Cravotta, nella sua opera di operatore apostolico e di costruttore, a non preservare parte del patrimonio artistico che aveva ricevuto in eredità, quando fu assegnato dal Vescovo alla cura della parrocchia “Maria SS della Purificazione”, dalla fine degli anni 40 come collaboratore del parroco Luigi Giunta e dal 1966 come nuovo Parroco.
Negli anni 50 giunse in paese un gruppo di novelli sacerdoti che, affermandosi ancora di più negli anni del Concilio Vaticano II, portarono con sé un bagaglio culturale e insegnamenti nuovi che avevano acquisito nei lunghi anni di formazione in seminario. Seguivano l’idea che l’utile, al fine di svolgere l’opera missionaria per la diffusione del messaggio evangelico, dovesse avere la prevalenza su tutto anche sull’arte, e così guidati da questo principio non ebbero titubanza a distruggere tutto ciò che secondo loro era inutile e superfluo. Fu per questo che si bruciarono statue di cartapesta, che si abolirono processioni, che si distrussero arredi sacri, che si abbatterono altari e balaustre e pulpiti, che si distrussero strutture a dir loro poco utili.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1943, in seguito allo sbarco degli Alleati in Sicilia, Barrafranca subì due bombardamenti aerei: il primo il 10 luglio, da parte dell’aviazione americana, e il secondo il 18 luglio da aerei tedeschi. In entrambi, fu colpita anche la chiesa Madre, che crollò in parte e subì gravi danni: furono distrutti la navata centrale, la navata laterale sinistra, due colonne e il lato nord del transetto.
Finita la guerra, nel 1946 il parroco don Luigi Giunta cominciò la ricostruzione della chiesa con la ristrutturazione della cupola da parte dei fratelli Scarpulla; così dopo un anno i tetti, i muri, le colonne e la navata laterale erano tutti ricostruiti o riparati.
L'anno successivo si provvide alla pavimentazione ed ai lavori di riparazione della volta centrale, che fu rifatta a botte e non a grandi crociere, come probabilmente doveva essere l’originaria.
Tra l’altro, nel 1949 si cominciarono a rifare gli stucchi della navata sinistra.
Il questo periodo e in questo contesto iniziò la collaborazione con il Parroco della chiesa Madre del novello giovane sacerdote Giovanni Cravotta, che non tardò a manifestare il suo notevole e intraprendente spirito imprenditoriale
Nell’archivio parrocchiale si trova la relazione del geometra Salvatore Licata riguardante i lavori di riparazione eseguiti nel 1953 per interessamento del parroco don Luigi Giunta e don Giovanni Cravotta.
"Furono riparati il frontino (trabeazione), il portone laterale, e le volte delle navate laterali, dell’altare Maggiore e degli altari laterali; furono eseguite l’intonacatura della volta centrale, la stuccatura della cupola centrale e la coloritura marmorea ad olio della colonne."
In seguito, sempre negli anni cinquanta, padre Cravotta con l'avvallo del Parroco incominciò lo sconvolgimento dell'architettura esterna della chiesa, intervenendo sul complesso architettonico del lato destro esterno, dietro il campanile, dove per mezzo di una gradinata, con in cima due pilastri laterali di pietra lavorata, si accedeva su un terrapieno, sul quale sorgeva l’ingresso con il portale laterale.
Questa caratteristica struttura architettonica fu chiusa con un muro, al centro del quale fu spostato il portale con il portone laterale. La nuova costruzione, oltre a deturpare la parte laterale esterna della chiesa, essendo appoggiata al campanile contribuì anche a frenarne lo slancio: ma nonostante le critiche i lavori non furono fermati e non ci fu alcun intervento da parte della Soprintendenza competente. Tutto questo scempio solo per ricavate due stanzette al pianterreno con sopra un piccolo salone!
Per amore di verità, devo affermare che a padre Cravotta si deve il merito di aver rifatto l'interno della chiesa Madre completa di stucchi e ornati come oggi l'ammiriamo. Da questa impresa non priva di difficoltà burocratiche ed economiche risaltò lo spirito imprenditoriale e organizzativo di questo prete, che nulla risparmiò pur di completare l'opera.
A tal fine nel 1962 padre Cravotta istituì un Comitato per la raccolta presso i cittadini di fondi, che uniti alla somma stanziata dallo Stato, dovevano servire per il completamento dei lavori di ripristino degli ornati e di rifacimento degli stucchi mancanti di tutta la chiesa. L’esecuzione fu affidata a Giuseppe Puzzanghera uno stucchista e pittore originario di Riesi da una famiglia di artisti, e stabilitosi a Barrafranca. Per prova padre Cravotta gli fece eseguire alcune opere. Superata con onore la prova (non sappiamo chi abbia giudicato i lavori oltre allo stesso padre Cravotta), nel 1962 al Puzzanghera vennero affidati tutti i lavori e soprattutto la creazione ex-novo del progetto degli stucchi della navata centrale. Come la volta, però, anche gli stucchi non seguirono il tracciato ed il disegno originario.
Nello stesso tempo furono eseguiti, secondo il volere di padre Cravotta, degli interventi interni che dimostrarono ancora una volta la sua poca sensibilità artistica e la sua determinazione a realizzare ciò che si era prefissato, nonostante le critiche di molti, nella totale assenza della Soprintendenza competente.
Applicando pedissequamente i dettami del Concilio Vaticano II conclusosi nel 1965, fece togliere l’Altare Maggiore, con conseguente ed evidente squilibrio della parte absidale, (credo, ma mi posso anche sbagliare, che in nessuna altra chiesa sia accaduto un fatto del genere). Al posto dell'Altare Maggiore fu posto un pannello, specie di paravento in legno, ricavato dalla devastazione del bellissimo e prezioso pulpito in legno massiccio scolpito, opera perfetta dell’artista barrese Carmelo Musolino eseguita nel 1906. Fece liberare inoltre il presbiterio dalla balaustrata in ferro battuto finemente lavorata; fece smantellare gli antichi scanni lignei del coro; fece togliere il fonte battesimale in pietra del 1600, (non sappiamo se proveniente dalla chiesa di S. Sebastiano o dalla Matrice Vecchia); fece eliminare molti altari laterali...
Completati i lavori con tutti gli interventi sopra descritti, a dir poco discutibili, la Chiesa Madre fu aperta al pubblico nel 1965, con gli stucchi mancanti tutti rifatti e dorati, e con l'interno ridipinto con colori a mio avviso un po’ troppo vivaci.
Anche i grandi quadroni ad olio su tela della volta, tutti contenenti riproduzioni, più o meno riuscite, di quadri famosi, dimostrarono quanto padre Cravotta ritenesse importante, solamente, avere dei dipinti che riempissero i vuoti, non badando per niente al valore ed alla dignità artistica delle stesse opere.
Morto intanto il parroco don Luigi Giunta, nel 1966 gli successe mons. Giovanni Cravotta, già, come abbiamo detto, Vicario Cooperatore dal 1948
Negli anni sessanta il nuovo Parroco continuò a modificare l’architettura esterna della chiesa con la costruzione di stanze sulle navate laterali e l’abbattimento dell’antica sacrestia, dove sorsero nuovi locali, saloni e stanze singole realizzate con l'intento di far vivere in comunità i sacerdoti barresi. Incurante ancora del valore artistico e di antiquariato fece distruggere gli antichi armadi, gli arredi della vecchia sacrestia, con la caratteristica "tiledda", il telo che copriva l'abside della chiesa dall'inizio della Quaresima.
Altri lavori interni ed esterni furono eseguiti durante gli anni settanta, in particolare nel 1976-80, quando il parroco Cravotta fece rinforzate le fondamenta della chiesa con cemento armato, con conseguente distruzione dell'antica cripta funeraria sotterranea. Padre Cravotta purtroppo non riuscì a vedere completati questi ultimi lavori, perché morì prematuramente, a soli 54 anni nel 1978.
Per concludere posso affermare che, nonostante la sua poca sensibilità artistica, padre Giovanni Cravotta aveva un animo colto e razionale prestato alla vita della chiesa, era inflessibile e non si piegava facilmente ai voleri di nessuno. Seguiva la dottrina della Chiesa e seguiva soprattutto i suggerimenti silenti della sua anima; era in questi soliloqui che trovava pace e soluzione a tutti i problemi, incurante delle opinioni e delle critiche degli altri. In questo suo carattere fermo e per lo più incorreggibile sono racchiusi tutti i suoi pregi ma anche tutti i suoi difetti.
Gaetano Vicari
Mostra dipinti sulla Settimana Santa a Barrafranca di Gaetano Vicari. Discorso del pittore. Liceo "G. Falcone" di Barrafranca, 12 Marzo 2016
Prima di iniziare, saluto tutti i partecipanti e li ringrazio per essere intervenuti.
I dipinti presenti nella mostra sono stati realizzati nel 1986, trenta anni fa, in occasione dell'uscita del libro sulla Settimana Santa a Barrafranca "La Grande eredità", scritto da me e Diego Aleo, per essere esposti durante il primo Convegno sulla Settimana Santa tenuto nel nostro paese.
Il progetto da me ideato prevedeva 10 dipinti rappresentanti le statue e i personaggi più significativi della nostra Settimana Santa: L'Addolorata, l'apostolo S. Giovanni, il Cristo nell'urna, u Trunu, il Crocifisso, S. Pietro, S. Andrea, gli Apostoli, il Cristo della Giunta e la Madonna della Giunta.
Di tutte queste opere, 7 sono rimaste a Barrafranca, alcune da me date in dono. Il Cristo nell'urna e la Madonna della Giunta alla Chiesa Maria S.S. della Stella, perché le statue appartengono a questa chiesa; lo stesso per l'Addolorata donata alla Chiesa Grazia; gli Apostoli sono stati donati alla Pro Loco, perché io ne sono stato uno dei fondatori; ho dato "U Trunu" alla Scuola Media, dove ho quasi sempre insegnato; ho riservato S. Pietro per me, come ricordo di mio padre e di mio figlio. Altri due dipinti appartengono a collezioni private: il Crocifisso all'ing Paolo Bonanno e il Cristo Risorto al dott. Stefano Mattina.
In questa mostra dei 10 iniziali sono esposti 7 dipinti, ne mancano 3 : S. Giovanni, che si trova nella collezione di Aligi Sassu in Spagna e S. Andrea che appartiene ad una collezione privata in Toscana; del dipinto della Madonna della Giunta, donato da me alla Chiesa Madonna, si sono perdute le tracce.
Concludo dicendo che la visione di questa mostra potrebbe rappresentare una testimonianza storica, che consente di fare il confronto di come erano nel passato, 30 anni fa, gli arredi e le statue protagoniste della nostra Settimana Santa e come sono attualmente. Come si può constatare, in particolare hanno subito dei notevoli cambiamenti il "Cristo nell'urna" e il "Crocifisso du Trunu".
Gaetano Vicari
Mostra della "Via Crucis della Chiesa del Convento di S. Francesco" dei fratelli Vaccaro dal 7 al 30 Marzo 2016 Presso la Biblioteca Comunale di Barrafranca
Nell'ambito dell'ambiente artistico siciliano della prima metà dell'800, in cui operarono Giuseppe Velasco, Giuseppe Patania, Tommaso Riolo ed altri, si inserisce la produzione neoclassica di GIUSEPPE VACCARO (1793-1866) e del fratello FRANCESCO (1808-1882), originari di Caltagirone. Giuseppe, allievo del Velasco a Palermo, oltre a dipingere, era rinomato per le sue sculture in legno; Francesco, anch'egli allievo del Velasco e del Patania, eseguiva da solo, ma spesse volte in collaborazione con il fratello, molti quadri sparsi per le chiese della Sicilia.
La fama della bravura dei fratelli Vaccaro arrivò anche nel nostro paese, dove furono chiamati per l'esecuzione di varie opere nelle principali chiese. Del 1818 è la tela della MADONNA DELLE GRAZIE, dipinta per l'omonima chiesa quasi sicuramente da Giuseppe a soli 25 anni. In seguito nel 1837 troviamo i fratelli Vaccaro a lavorare insieme per la chiesa dell'Itria nel dipinto di S. ROCCO; e per la chiesa del Convento di S. Francesco, dove realizzarono, oltre alla VIA CRUCIS del 1857, la tela dell'IMMACOLATA e probabilmente L'IMMACOLATA CORONATA DI STELLE e la STATUA DELL'IMMACOLATA. Infine presso la chiesa Maria S.S. della Stella i due fratelli dipinsero la MADONNA DEI RAGGI, mentre Francesco da solo eseguì nel 1859 la pala di S. ALESSANDRO.
La certezza che la Via Crucis della chiesa del convento di S. Francesco di Barrafranca sia stata dipinta dai Vaccaro è data dalla seguente scrittura che si trova dietro un loro dipinto presso gli eredi del Dott. Geraci: " I fratelli D. Giuseppe e D. Francesco Vaccaro da Caltagirone l'anno 1857 a spese e devozione del R. Bonaventura da Barrafranca, ministro provinciale, pinsero la Via Crucis della Chiesa (Convento)..."
Questa è forse la prima delle 5 Vie Crucis eseguite nello studio dei Vaccaro ed è la più ispirata nella sua drammaticità. Sembra che nella realizzazione dei vari quadretti gli autori, oltre a seguire lo stile neoclassico con cadenze puriste proprio del loro tempo, fossero influenzati dalla pittura e dalla moda secentesca. Si nota infatti qualche citazione di ascendenza caravaggesca, che in alcune Stazioni concorre a creare un pathos contenuto. Appare palese il coinvolgimento emotivo degli autori, il cui intento principale risulta quello di sollecitare la partecipazione dello spettatore ai vari momenti della passione di Cristo, caratterizzato in quasi tutte le Stazioni dalla tunica di colore azzurro.
Gaetano Vicari
Introduzione alla presentazione del libro "Uno squarcio di paese fra passato e presente Il quartiere Grazia di Barrafranca La gente, la chiesa, la Madonna, la festa" di Diego Aleo e Gaetano Vicari. Relatori: Jole Virone, Diego Aleo, Pino Giunta
Prima di entrare nel vivo della presentazione del libro un saluto cordiale e un caloroso ringraziamento a tutti gli intervenuti, ai relatori, alle autorità. Un ringraziamento particolare va al parroco di questa chiesa, Padre Nicolosi per l'ospitalità e per la disponibilità dimostrata.
Anche se non faccio parte di questo quartiere, sono stato coinvolto a scrivere il presente saggio dalla proposta e dall'entusiasmo dell'amico Diego, abitante "doc" del quartiere Grazia.
Ho accettato con interesse, perché da sempre ho frequentato questo quartiere, caratterizzato dalla generosità, dall'unione e dalla solidarietà dei suoi abitanti.
Una piccola riflessione infine. Facendo l'analisi dei vari quartieri barresi, secondo il mio parere, il quartiere Grazia è uno dei pochi di Barrafranca, che attualmente conserva una sua caratteristica e una sua fisionomia, che molti altri quartieri di questo paese hanno perduto.
Gaetano Vicari
Chiesa Maria S.S. della Divina Grazia di Barrafranca, 22 Agosto 2015
Favola pensata e scritta dalla maestra Fatima Bizzetti e dedicata ai suoi alunni di quarta elementare in occasione del suo pensionamento (2005)
La zucca e il peperone
Un peperone vedendo passare per le viuzze dell' orto una bella zucca, se ne innamorò di colpo.
Quella zucca era la stessa che la fatina di Cenerentola aveva trasformato per una notte in una bellissima carrozza.
Il peperone, rosso dalla vergogna, fissò la zucca negli occhi e le disse:- " Mi vuoi sposare?"
La zucca che aveva conosciuto il bel principe, trovò il peperone brutto e grasso e deridendolo gli rispose:- "Non sarò mai e poi mai tua moglie... per di più ho sentito dire che hai un brutto sapore. Preferisco dagli uomini essere mangiata piuttosto che da un peperone essere sposata!". E scoppiò a piangere per la stizza.
Una carota che passava di là per caso, si avvicinò alla zucca e le chiese: - "Perché piangi?".
- " Piango perché non voglio sposare un peperone e perché i bambini non apprezzano le mie qualità. Mi vogliono solo per halloween e poi mi gettano via!" rispose la zucca.
-: " Ma non vogliono neanche me!", ribatté la carota per incoraggiarla, "proprio perché sono .....una semplice carota!"
" I bambini di oggi sono molto capricciosi", replicò, una vecchia barbabietola ( che aveva sentito tutto)" e rifiutano il ben di Dio.
Loro mangiano solo le cose che gli piacciono: hamburger e patatine fritte con ketchup e maionese, popcorn, brioscine e merendine di ogni genere.
Non mangiano pesce, mangiano poca carne e pochissima frutta. Non vogliono il cetriolo perché lo trovano di un brutto colorito verdastro e dicono che somiglia ad ET. Non vogliono neppure il sedano perché è' troppo nervoso.
Considerano la cipolla molto cattiva, perché li fa piangere sempre e affermano che l' aglio è solo buono per far morire i vampiri... figuriamoci i bambini!, che il cavolo li fa crepare dalla puzza, che il fagiolo è un duro ed il limone è aspro di carattere...
-" Ma non sanno cosa si perdono", replicò la saggia barbabietola, "Non bisogna mai giudicare le persone o le cose solo dall' apparenza! "
La zucca, riflettendo, si pentì amaramente di avere giudicato il peperone solo dall' aspetto. Gli chiese scusa e diventò sua amica.
Frequentandolo, trovò il peperone un bonaccione e decise di sposarlo.
Al loro matrimonio furono invitati tutti.
Parteciparono infatti la carota e la vecchia barbabietola col cetriolo a braccetto; andarono la cipolla con l'aglio, il cavolo ed il fagiolo, tutti vestiti da gran sera e portarono come doni molte vitamine e sali minerali. Insieme fecero una bella zuppetta ed invitarono i bambini a mangiarla con del buon pane ed un filo d' olio d' oliva.
Presi dal clima di festa, tutti la trovarono squisita.
Da quel momento i bambini capirono che ogni cibo e' buono per l'organismo e che un' alimentazione corretta deve essere varia, povera di grassi e di zuccheri, ma ricca di carboidrati, vitamine e sali minerali.
Fatima Bizzetti
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