IL DIPINTO DI MARIA S.S. DELLA STELLA AL VAGLIO DELLA CRITICA E DELL’ESTETICA
Hanno rubato il quadro della Madonna della Stella! Il grido echeggiò per tutto il paese e un coro di indignazione si levò da tutte le parti. Vergogna! L’hanno rubato per l’oro. Si sperò a lungo che almeno venisse restituita la tela. Si pregò, si misero in atto mille strategie, ma non si ottenne nessun risultato. I malviventi si erano spartito il bottino degli ex voto d’oro e della tela non si seppe più niente. La tela raffigurava la Madonna della Stella, tra S. Alessandro e S. Giovanni Battista, veneratissima in tanti paesi della Sicilia, tra cui anche Barrafranca e Militello da cui, si dice, proviene il primo nucleo di insediamento nel territorio barrese. Il quadro è stato da sempre oggetto di devozione popolare e intorno ad esso sono nate diverse leggende. Una di esse la più antica dice che la tela sia stata dipinta da uno degli evangelisti, S Luca, le cui opere si diffusero nel bacino del Mediterraneo. Della tela rubata praticamente restava poco. Il tempo l’aveva distrutta. Si intravedevano i volti stilizzati, direi accennati, dei santi raffigurati, mentre il resto della tela era stato ricoperto da un drappeggio che seguiva vagamente i contorni e le linee di quello originario, deturpando l’intera composizione, ma nello stesso tempo consentendo l’esposizione degli ex voto d’oro che furono attaccati ad esso e che suscitò gli appetiti cleptomani dei malviventi.
Non era possibile che il paese rimanesse privato dell’immagine della sua patrona e ognuno si chiedeva cosa bisognava fare. Si riflettè a lungo si consultò il popolo e le comunità parrocchiali e religiose. Si attese, soprattutto, in religioso raccoglimento che il quadro venisse restituito e quando le ultime speranze risultarono vane Il parroco Sac. Giuseppe Zafarana, indisse un concorso con l’obbligo di presentare una tela che raffigurasse la Madonna della Stella. Il bando fu pubblicato nel circondario e parteciparono diversi pittori. Era l’anno 1978 e la commissione scelse la tela del pittore Gaetano Vicari. Fu immensa la sua gioia. Era entrato nella storia locale. Era lui il pittore della “Madonna”. Poteva esserne fiero.
Ma il suo non fu un lavoro semplice. La realizzazione della tela comportò un lavorio artistico complesso. Dopo lunghe ricerche artistiche e lunghe meditazioni, infine il pittore Vicari prese la sua decisione. Avrebbe mantenuto lo schema e l’impostazione della tela originaria e avrebbe ricostruito le parti mancanti, ispirandosi al suo estro artistico e soprattutto all’arte classica del cinquecento italiano, soprattutto a Raffaello.
Come l’antico dipinto, anche il nuovo rappresenta un trittico che raffigura al centro una Madonna con bambino nell’atteggiamento di allattarlo e ai lati, a sinistra di chi guarda S. Alessandro, patrono di Barrafranca e a destra S. Giovanni Battista.
Sul manto splende una stella caudata simbolo che Maria è guida sicura per tutto il popolo cristiano. Ancora oggi in onore della Madonna durante i festeggiamenti è tradizione ornare le strade ed esporre dai balconi illuminazioni raffiguranti una stella, riprodotta secondo l’estro e la fantasia dell’artigiano.
Il tutto su uno sfondo che riproduce un cielo limpido, sereno, dalle tonalità cromatiche azzurre, diviso da un baldacchino appena accennato dal tendaggio pesante di colore rossastro e che a guisa di colonna dalle scanalature asimmetriche, su cui poggia la testa della Madonna, serve a determinare lo spazio riservato ai tre personaggi raffigurati e soprattutto a mettere in risalto la figura della Vergine con Bambino.
Le proporzioni del corpo umano spesso non sono rispettate, perchè la tela originaria manifesta una schematizzazione piuttosto naif. Basta osservare a proposito la collocazione della mammella che non si trova al suo posto naturale e fuori posto sembra collocato il braccio di S. Giovanni che più che rispettare le proporzione del corpo umano ha forse il compito di accordare i vuoti tra le figure.
Il tendaggio su cui poggia la testa della madonna determina l'aggruppamento delle figure e la proporzione dei pieni e dei vuoti, e regola, altresì, la diffusione circolare e avvolgente della luce e, quindi, gli accordi accuratamente dosati dei colori.
La tela è parte di noi, della nostra storia e in essa è concentrato il senso della nostra devozione e il senso devozionale di tutto il popolo barrese. In esso, infatti, si coglie il profondo radicamento religioso e dottrinale proprio di tutta la comunità. La Madonna è posta su un trono appena accennato che è simbolo della sapienza. Una delle invocazioni lauretane chiama, infatti, Maria “Sedes Sapientiae”. La sua è la dottrina del suo figlio, il bambino che allatta e che mostra al suo popolo perché lo segua. E’ l’assoluta rivelazione della verità e lei è la testimone primaria del suo Vangelo, senza macchia originale. E’ questa la missione dell’arte per la Chiesa: esprimere il sentimento religioso popolare e uniformarlo agli insegnamenti della Chiesa e alla sua dottrina.
Vicari nel realizzare la tela si è ispirato al concetto di bellezza derivatoci dal mondo classico penetrandolo in maniera personale, con profondità d’espressione, chiarezza serena e talento esecutivo del tutto originale, specie nel fatto di essere riuscito ad armonizzare tutti gli elementi presenti e ad assorbire nel suo schema pittorico anche il passato. Ci ha regalato, quindi, una bellissima opera dove il passato più remoto rivive vivificato alla luce del mondo classico e si proietta nel presente a beneficio della nostra devozione.
Il suo linguaggio pittorico risulta adeguato all’obiettivo che si era proposto e manifesta il carattere sobrio, sereno, depurato dalle imperfezioni realistiche proprio della tecnica adottata dal nostro pittore. Tutto è misurato, delicato talvolta impalpabile e i personaggi spiccano nella composizione rilevati dalla chiarezza e luminosità dell’infinità del cielo. Sembra che essi si librino nel vuoto e che siano sostenuti su un trono consolidato nell’etereo firmamento.
Potremmo definire il quadro il poema della nostra cultura popolare; in esso infatti è presente la storia della nostra comunità religiosa e laica. Ci sono i due protettori del paese, c’è latente il nostro spirito religioso, c’è S. Giovanni Battista a cui è devota la nostra comunità e a cui è dedicato un intero quartiere, c’è poesia e c’è teologia. Il pittore ha evidenziato le sue doti artistiche dimostrandosi sicuro nell’'esecuzione tecnica dell’opera, abile nella
delineazione dei contorni e delle linee e padrone nell’uso del colore che ci appare in tutto il suo splendore e in tutta la sua magia. Pur con tutte le difficoltà descritte nella tela c’è anche il pittore c’è la sua caratteristica individualità. Si coglie costantemente che egli crede al bene e al bello e lo manifesta nelle figure nobilmente ideate, nella loro solenne dignità e nel ritmo impresso a tutta la figurazione.
Una tela, un quadro di arte sacra ha un arduo compito quello di educare la mente a consolidare la conoscenza, di stimolare la meditazione, la contemplazione, di rendere salda la conoscenza di ciò che è vero, giusto e utile all’evoluzione dell’anima.
L’arte è comunicazione, discorso, esortazione e appunto per questo riveste un compito fondamentale nella vita religiosa e sociale di un popolo.
E’ uno strumento di culto anche il quadro davanti a cui il popolo prega e la sua contemplazione induce commozione e disposizione alla preghiera. È ciò che avviene con il quadro della “Madonna della Stella” . Esso ci dà qualcosa agli occhi, ma attraverso gli occhi agisce profondamente sull'animo.
Barrafranca 13.08.2008
Diego Aleo
PRIMA MOSTRA DI GAETANO VICARI
Il giovane pittore Gaetano Vicari, di 23 anni, studente universitario del quarto anno della facoltà di Lettere, ha presentato le sue opere in una mostra personale nel nuovo salone del Circolo Cattolico di Barrafranca.
E’ la prima mostra d’arte in senso assoluto che viene tenuta a battesimo a Barrafranca.
Un vivo successo di pubblico e di critica. Sono state esposte 25 opere realizzate dal 1956 al 1967.
Di esse alcune riproduzioni di grandi opere ( La crocifissione di S. Pietro del Caravaggio e La Gioconda di Leonardo), che risalgono all’infanzia del pittore, indicano già la sicurezza del disegno e la padronanza dei colori.
Al primo periodo di produzione artistica risalgono le due opere veristiche del 1960 “Il cortile” e “Il pollaio”, che hanno colpito maggiormente i numerosi visitatori per la nitidezza dei colori sempre riposanti e per la grande capacità artistica di trasfigurazione di una realtà in un quadro che diventa poesia.
Dopo una progressiva maturazione di colore e di disegno attraverso Paesaggi ( “Il boschetto di platani” appena baciati dal vento e rischiarati da un pallido sole,”Notturno di laguna” con raggi e riflessi lunari) e Ritratti, si passa alla natura morta.
Questi quadri di Natura Morta, quasi fotografici, realizzati con disegno perfetto e con colori vivaci armoniosamente accostati, indicano un periodo di transizione dell’arte del pittore: dalle opere veristiche a quelle surrealiste.
Le opere, infatti , in cui l’artista rivela completamente la sua arte sono le due surrealiste “Ricordi d’infanzia” del 1966 e “Il Carnevale” del 1967.
RICORDI D’INFANZIA- Su un tappeto verde, come un nastro, girano tre cerchi, con l’ombra che li segue, verso l’infinito: i giochi prediletti del bambino sul verde della speranza. Sullo sfondo una striscia rosea: il tramonto dell’infanzia. In alto tre palloni variopinti con i fili sospesi: i sogni della gioventù. A destra, in una visione sfuocata, una grande pietra, una scala appena accennata, il tetto di una casa: la realtà, la dura realtà della vita.
Un quadro dai colori bellissimi, nitidi, staccati, armoniosi.
IL CARNEVALE è veramente un quadro alla Dalì.
Un pavimento a quadri di svariati colori, verdi, rossi, gialli, blue, azzurri: i colori dell’arlecchino; in fondo al centro un grande sasso, una finestra, una grata: la tristezza della vita.
La mostra ha riscosso, come dicevamo prima, molto successo di pubblico: moltissimi, infatti, i visitatori che si sono succeduti ad ammirare le opere durante i tre giorni di esposizione; molto favorevoli i commenti della critica.
GIORNALE DI SICILIA 1967