VENERDI' SANTO a BARRAFRANCA anno 1993


CENTRO LINGUISTICO E AUDIOVISIVI UNIVERSITARIO (CLAU)
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO
Torino,lì 29/03/94
Chiar.mo Professore,
come da intese intercorse, le trasmettiamo una breve relazione inerente al Venerdì Santo a Barrafranca.
Un augurio di buon lavoro e soprattutto di buone Feste a tutti
ANNA MARIA ANCONA
Caro prof. Vicari,
con i nostri migliori auguri per la prossima Pasqua, Le inviamo i sensi della nostra soddisfazione per l’iniziativa di proiettare pubblicamente il nostro documentario sulla festa del Venerdì Santo a Barrafranca.
Si tratta di una festa senza eguali, frutto non tanto di una tradizione riproposta come spettacolo folcloristico, ma di una vera passione collettiva che sa riunire la vostra comunità nell’azione partecipante di tutti i suoi membri. Festa della virilità, rito di passaggio, inno alla fertilità e alla rigenerazione della natura: i significati sono evidenti, ma la loro stessa forza ci sembra essere ecceduta e superata dal vero e proprio miracolo – nella società complessa – di vedere realizzare intorno alla processione del Venerdì Santo la compiuta identità di un’intera comunità, arricchita nell’occasione dalla partecipazione di molti suoi membri che durante l’anno vivono e lavorano altrove, in Italia e all’Estero.
Quello che colpisce, soprattutto, è l’entusiasmo dei giovani, che nella festa non vedono l’improbabile rappresentazione di un tempo ormai lontano, ma una risorsa per l’oggi, la risposta collettiva a una condizione sempre più connessa all’individualità dell’uomo gettato nel mondo senza patrie e utopie. Realizzando nell’azione rituale, nella sua spontaneità e violenza, il mito delle origini, i giovani di Barrafranca mostrano di saper ritrovare la forza della tradizione come porta spalancata verso un possibile domani, solidale e produttore di nuova cultura. Il dio solare, il Cristo illuminato e coperto di ori, così diverso da quello della tradizione canonica, ne è la metafora e la rinnovata rappresentazione.”.

Non so come giudicherete il nostro film, che è il risultato parziale del nostro incontro con la vostra comunità e con la cultura che esprime. Un incontro che ci ha arricchiti e che come in poche altre occasioni ci ha mostrato il significato del nostro lavoro, che è quello di dar voce e di far conoscere quanta ricchezza umana e culturale sappiano ancora esprimere le tradizioni orali.
La nostra lettura è perciò stata partecipante, non ci siamo limitati a guardare ma, come sanno coloro che ci hanno aiutato nel lavoro di documentazione, abbiamo voluto immergerci nella vostra realtà culturale per conoscerla quanto più dall’interno, per condividerla, vogliamo dire.
A Barrafranca abbiamo lasciato tanti amici, ma anche un pezzetto di noi. Se questa sera non possiamo esserci, è per impegni di lavoro che non ce lo consentono: ma ormai un certo contagio si è prodotto, e la sera del Venerdì Santo idealmente saremo lì, per le vie di Barrafranca, ad applaudire “U Trunu” e a unirci al grido dei vostri giovani: “Misericordia”.
A Lei, professor Vicari, la nostra riconoscenza con la preghiera di esternarla a tutti coloro che ci hanno concesso di realizzare questo film, i cui nomi sono troppi per essere qui ricordati uno per uno.
Ancora grazie, e a presto
AMBROGIO ARTONI (Professore di Semiologia dello Spettacolo e DIRETTORE del Centro Linguistico e Audiovisivi Universitario di Torino)
PIERCARLO GRIMALDI (Professore di Storia delle Tradizioni Popolari)

p.s.: Il video “U Trunu” oltre all’utilizzo in sede didattica e scientifica universitaria è stato presentato:

- al Convegno Internazionale “Antropologia Visiva e Culturale della Rappresentazione, Il tempo delle feste in Europa”, organizzato dal Consiglio d’Europa in collaborazione con l’Università di Torino e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Torino, ottobre 1993);
- al Convegno del C.N.R. “Sei anni di attività del Comitato Nazionale per la Scienza e la Tecnologia del Beni Culturali” (Roma, marzo 1994);
E’ prevista inoltre la presentazione nella rassegna europea di programmi audiovisivi organizzata ad Atene per l’aprile 1994 dalla C.E.E. – Euroregio.
Successivamente sarà presentato a Budapest, nel mese di novembre 1994 in occasione di un Convegno Internazionale di Etnologia.

Discorso di introduzione di Gaetano Vicari alla Conferenza sulla SETTIMANA SANTA A BARRAFRANCA "I SANTONI PASQUALI e IL RESTAURO DI S. ANDREA" 7 Aprile 2012

Conferenza sulla SETTIMANA SANTA A BARRAFRANCA “I SANTONI PASQUALI e il RESTAURO DI S. ANDREA”– 7 Aprile 2012


Prima di entrare nel vivo della Conferenza un saluto cordiale a tutti gli intervenuti, ai relatori e alle autorità presenti.
Diamo inizio alla conferenza sui SANTONI PASQUALI E SUL RESTAURO DELL’APOSTOLO S. ANDREA, organizzata dalla PRO LOCO di questa cittadina con il patrocinio del Comune di Barrafranca, per valorizzare, far conoscere e diffondere gli antichi riti tradizionali della SETTIMANA SANTA di Barrafranca e metterne in luce le eventuali potenzialità turistiche.
In questa conferenza, voluta principalmente dal Dott. qui presente Valentino Faraci, particolare attenzione sarà data ai SANTONI PASQUALI, in occasione del restauro dell’Apostolo S. Andrea, restauro eseguito dallo stesso Valentino Faraci, uno dei nostri relatori.

Come premessa, desidero soffermarmi sul significato della parola RESTAURO, termine di cui molto si è abusato e si abusa, anche a sproposito.
Consultando i principali Dizionari della Lingua Italiana si legge:
RESTAURARE-RESTITUIRE ALLO STATO PRIMITIVO OPERE D’ARTE O ALTRI MANUFATTI, MEDIANTE OPPORTUNI LAVORI DI RIPARAZIONE O REINTEGRO.

Riferendoci a quanto avviene di frequente, ridipingere una statua o ritoccarla non significa affatto restaurarla, anzi falsarne ancora di più il pensiero originario dell’autore.
Nel nostro paese quindi tutte le statue od altari lignei che sono stati rifatti o ridipinti, non sono stati affatto restaurati, ma tutt’al più rimessi a nuovo!

La problematica del restauro infatti è molto complessa e presenta molteplici soluzioni non ancora definitive.
Per renderne l’idea, presenterò solo alcuni esempi, che spero serviranno a stimolare il vostro interesse per questa materia, per un ulteriore ed eventuale approfondimento.

Per rimanere nel nostro paese, cito come esempio solo i 4 i dipinti delle nostre chiese, restaurati a cura della Sovrintendenza alle belle Arti:
sono
-LA PURIFICAZIONE DI MARIA, forse della scuola del Paladino, posto sull’altare Maggiore della Chiesa Madre;
-S. ISIDORO AGRICOLA, di Pietro D’Asaro nella chiesa Maria S.S. della Stella;
-L’ANNUNCIAZIONE, attribuito a Mattia Preti, nella chiesa Itria;
-LA MADONNA DELLA GRAZIE, forse del Vaccaro, nella chiesa Grazia
Ogni opera d’arte, come tutti gli oggetti fatti dall’uomo, ha un inizio un certo periodo di vita ed una fine.
In ogni dipinto antico è sempre visibile l’azione del tempo, tanto l’opera è stata eseguita più indietro negli anni, più sulla sua superficie pittorica si nota la patina del tempo.
Ed ecco venire alla luce uno dei tanti problemi dell’opera di restauro:
E’ bene che il restauratore lasci visibile la testimonianza del trascorrere del tempo, oppure che riporti l’opera allo stato originario?

In tutti i dipinti di Barrafranca restaurati citati in precedenza, il restauratore ha voluto lasciare la testimonianza dell’azione del tempo, non riportando i colori allo stato della realizzazione dell’artista.
Questa è forse la caratteristica della scuola di restauro siciliana, contrariamente a quello che avviene nelle scuole di restauro romane o fiorentine in cui l’opera d’arte quasi sempre è riportata allo stato primitivo, come se l’artista avesse finito di dipingerla da poco (vedi il restauro della volta della Cappella Sistina a Roma, o quello di molti dipinti delle chiese e dei musei di Firenze, ecc.).
Quali delle due opzioni è la più valida? Lasciamo la domanda in sospeso…

Anche quello dell’integrazione, cioè come procedere in caso di parti mancanti della superficie pittorica, è un altro problema dalle molteplici soluzioni tra i vari studiosi di restauro:
Le parti mancanti di un dipinto è bene ridipingerle ricostruendole, in modo di avere una visione d’insieme del dipinto quanto più simile all’originale, oppure è bene coprire le mancanze con colore nero o neutro, in modo da non falsare l’opera?

Nelle opere delle nostre chiese abbiamo tutte due le soluzioni:
La prima (quella di ridipingere le parti mancanti) è stata applicata dal restauratore nell’ANNUNCIAZIONE e nella MADONNA DELLE GRAZIE;
La seconda (quella di coprire la parti mancanti di nero) nella PURIFICAZIONE DI MARIA e nel S. ISIDORO AGRICOLA.

Nel campo del restauro molti altri problemi si pongono.
Per esempio, quello dell’intervento dell’uomo nel corso degli anni sulle opere d’arte:
osservando le opere restaurate nel nostro paese noi riteniamo opportuno e siamo d’accordo che nelle operazioni di restauro alle statue lignee della MADONNA DELLE GRAZIE e dell’Apostolo S. ANDREA in questione, o alla vara di MARIA S.S. DELLA STELLA, siano state tolte le varie ridipinture fatte dall'uomo nel corso degli anni, per riportare queste opere allo stato originario;

ma resteremmo molto perplessi, per un eventuale restauro di una delle nostre chiese, il cui interno è coperto di stucchi, se si decidesse di riportarle allo stato originario, eliminando i successivi interventi dovuti all’opera dell’uomo, compresi gli stucchi.

Da questi pochi esempi potete capire che la problematica del restauro è molto complessa e delicata;
molte altre sono le questioni che si possono presentare, senza che gli studiosi siano arrivati a soluzioni condivise.
Le mie sono state solo delle provocazioni, per farvi riflettere sulla complessità del problema, che ad una prima impressione può sembrare semplice.
Concludo questa breve presentazione, riferendo che, nel breve corso di introduzione al Restauro che ho frequentato a Firenze, ho capito che se non si è esperti è meglio non intervenire su un’opera d’arte, per non procurare alla stessa opera ulteriori danni ben più gravi, molte volte irreversibili.
                                                                                                                      Gaetano Vicari

ITINERARIO delle OPERE di GAETANO VICARI a BARRAFRANCA

OPERE di GAETANO VICARI a BARRAFRANCA presso LOCALI APERTI AL PUBBLICO


-MARIA S.S. DELLA STELLA, olio su tela cm.156x125 (Chiesa Maria S.S. della Stella)

-CRISTO NELL’URNA, olio su cartone telato cm.50x35 (Locali della Chiesa Maria S.S. della    Stella

-SENSO DI SICUREZZA E PROTEZIONE, olio su tela cm.70x50 (Museo Bellico)

-APOSTOLI IN PROCESSIONE, olio su tela cm.100x50 (Pro Loco)

-CRISTO DELLA DIVINA MISERICORDIA, olio su tela cm.100x140 (Chiesa Maria S.S. dell’Itria)

-CRISTO, olio su tela cm.50x70 (Locali della Chiesa Maria S.S. dell’Itria)

-S. SEBASTIANO, olio su tela cm.86x179 (Chiesa Madre della Divina Grazia)

-GIUDITTA E OLOFERNE, olio su tela cm.85x183 (Chiesa Madre della Divina Grazia)

-L’ADDOLORATA DELLA GRAZIA, olio su tela cm.60x80 (Locali della Chiesa Madre della Divina Grazia)

-U TRUNU, olio su tela cm.130x170 (Scuola Media Statale G.Verga-Don Milani)

-NATIVITA’, olio su tela cm.150x130 (Locali della Chiesa Sacra Famiglia)

-S. CECILIA, olio su compensato, opera incompleta dipinta con Giuseppe Bonfirraro e Calogero Mingoia (Locali della Chiesa Madre)

 

6 Settembre 2014- Discorso di Gaetano Vicari in occasione dell'inaugurazione della Mostra "La Barrafranca di Gaetano Vicari, opere dal 1960 al 2014- Chiostro Comunale di Barrafranca


Ringrazio tutti gli intervenuti, le autorità presenti, il Presidente del Ceur e i suoi collaboratori, il Sindaco e l'amministrazione Comunale per la disponibilità e l'interessamento ed in particolare per l'onore dimostratomi, allestendo questa mostra in mio omaggio.
La mostra è stata l'occasione per raccogliere da molte collezioni private locali quasi tutte le opere su Barrafranca che ho avuto occasione di dipingere nel corso della mia lunga carriera artistica. Ringrazio di cuore i proprietari delle opere, per la loro disponibilità a prestare i dipinti in loro possesso.
La raccolta potrebbe presentare uno spaccato della storia barrese dell'ultimo cinquantennio, visto con gli occhi di un cittadino attaccato nel bene e nel male alle sue radici.
Ad ogni opera ho accostato la storia delle nostre bellissime chiese, che secondo me, costituiscono uno dei principali tesori artistici del nostro paese da apprezzare e valorizzare anche in campo turistico. Infine non poteva mancare un accenno ai sindaci di quegli anni, di cui molti di noi ricordano l'operato.
L'istallazione e la performance LA CULTURA A BARRAFRANCA, vuole essere un augurio da da parte mia alle nuove leve culturali di Barrafranca, la cui produzione in molti casi di alto livello, annuncia un futuro culturale barrese promettente e stimolante

DISCORSO DI DIEGO ALEO PER IL COMPLETAMENTO DEL DIPINTO DI GIUDITTA E OLOFERNE DI GAETANO VICARI

UN RICORDO CHE SI FA STORIA
Certi avvenimenti non cadono mai nell’oblio. Alcuni diventano mito e leggenda, altri restano inviolati nella memoria collettiva a sfidare il tempo, incrollabili. Fanno parte della nostra storia. Sono essi a dare lustro e onore al nostro passato e determinano le nostre idee, condizionano i nostri comportamenti e diventano vera sostanza del nostro vivere civile. Non sono solo i delitti o le guerre o le imprese nefaste a scandire i tempi del nostro passato. Ci sono anche i piccoli avvenimenti. Ci siamo noi, c’è la storia di ognuno di noi  ad arricchire e rendere eterne le vicende della nostra comunità. Noi siamo parte viva e ognuno di noi lascia in eredità a tutta la comunità i propri pensieri, le proprie azioni, nel bene e nel male. Sia che piangiamo sia che godiamo il  nostro passato è storia viva di tutti noi, anche se, purtroppo non lo vogliamo. Nulla si può cancellare e tutto vive e palpita nella nostra mente e nel nostro io. Siamo noi la storia, quelli che viviamo ora e tutti quelli che ci hanno preceduto. Siamo noi che stiliamo nei libri della storia perenne, a caratteri di fuoco, la nostra storia.
    C’è anche questo piccolo frammento di luce incastonato nella storia della nostra comunità e chi vive, custodisce questo avvenimento come se fosse un oggetto di grande valore. Le vie, le piazze di questo antico quartiere allora sentirono proclamare il nome altero e altisonante di questa eroina biblica e ne rimasero entusiasmate. Sono gli umili e i diseredati che fanno la storia, diceva il Manzoni. E’ il popolo il protagonista incontrastato delle vittorie e delle sconfitte, non sono i grandi generali né re.   
   Oggi il quartiere e il paese hanno mutato aspetto. Siamo diventati più colti e le strade non sono più polverose in estate e pieni fango durante l’inverno. Oggi il progresso si fa sentire anche a Barrafranca e assieme ai vantaggi ci regala anche agnosticismo e indifferenza e ci proietta facilmente in un mondo virtuale, dove i protagonisti sono i sogni e i vizi che a stento riusciamo a contenere.
   Vorrei che il nostro fosse un paese, dove a trionfare fossero i poeti e gli scrittori, i sacerdoti e il popolo di Dio. Un paese dove  bambini e uomini maturi, donne e fanciulle, si stringessero in comunione di amore e sconfinando dal mondo dei sogni approdassero alla vera e dura realtà giornaliera. Vorrei un paese con chiese ricolme di ricordi storici, con campanili svettanti verso il cielo, allietato dalla felicità dei suoi abitanti e con strade vive, piena di gente; le strade che sono i corridoi dell’anima e l’appagamento dei nostri sensi.    
   Il progetto pensato dal nostro parroco don Salvatore Nicolosi, che ha vivo e possente il senso del decoro e della liturgia, oggi si arricchisce della seconda tela delle quattro previste e che orneranno l’abside della nostra chiesa, regalandole colore, storia e religiosità.   
   Il 29 Luglio 2012 è stato portato a termine, dal prof. Gaetano Vicari il secondo dipinto, raffigurante Giuditta e Oloferne, olio su tela cm 85x183; ed oggi, 10 agosto 2012,  in attesa di essere collocato in chiesa, il dipinto è stato trasportato alle ore 19.00 dallo studio del pittore alla casa del sottoscritto, prof. Diego Aleo,  dove avrà provvisoria dimora.  La decisione è stata presa dal pittore che ha anche espresso il desiderio di potere festeggiare l’avvenimento con un dolce preparato e offerto dalla sorella del sottoscritto, Rosa Aleo, collaborata dalle solite persone che vivono affiatate e unite: Pina Mancuso, Rosa e Lucia Marchì. 
   La tela rappresenta Giuditta davanti alla porta della città mostrando con la destra la testa di Oloferne, generale di Nabuccodonosor il quale minacciava di occupare i popoli della Palestina e soprattutto, infine, celebrare il trionfo a Gerusalemme e umiliare così il popolo eletto; nella sinistra tiene la scimitarra con la quale ha reciso coraggiosamente la testa di Oloferne. Lei in abiti regali, ornata di gioielli e abiti preziosi campeggia maestosa davanti alla città liberata. E’ appena spuntata l’alba e tutto il popolo, ancora sonnolento si appresta a scacciare gli oppressori che fuggono precipitosi di fronte allo sforzo bellico e patriottico del popolo in armi.  Il pittore Gaetano Vicari, prima di iniziare a dare forma alle immagini che rutilavano nella sua mente, ha cercato l’ispirazione nella bibbia ed ha letto e studiato con scrupolosa cura l’intero libro di Giuditta. Ha dato udienza nella sua fantasia ai personaggi che sfilano in questo libro. Si è ripetuto i discorsi di Oloferne e di Giuditta, ha vissuto i loro stati d’animo e infine, quando tutto gli era chiaro, ha cominciato a dipingere e a riportare sul viso di Giuditta e in tutta la composizione la tensione creativa e l’ispirazione che si manifesta attraverso il gioco dei cromatismi e delle linee e delle luci e del chiaro scuro. Questi potrebbero essere i brani che hanno dato vita alla sua ispirazione: 
dice Oloferne ai suoi uomini:  "Non abbiamo niente da temere dai figli d'Israele, è un popolo senza forza e senza vigore per una lotta dura”… Li bruceremo in casa loro, i loro monti s'inebrieranno del loro sangue, i loro campi si colmeranno dei loro cadaveri, né potrà resistere la pianta dei loro piedi davanti a noi, ma saranno tutti distrutti..
Gli Israeliti, quando videro la loro moltitudine, rimasero molto costernati e si dicevano l'un l'altro: "Ora costoro inghiottiranno tutta la terra, né i monti più alti, né le valli profonde, né i colli potranno resistere al loro peso".
Dice Oloferne:  perché di là attingono tutti gli abitanti di Betulia; vedrai che la sete li farà morire e verranno alla resa della loro città.
Ozia rispose loro: "Coraggio, fratelli, resistiamo ancora cinque giorni e in questo tempo il Signore Dio nostro rivolgerà di nuovo la misericordia su di noi; non è possibile che egli ci abbandoni fino all'ultimo.
Racconto In quei giorni venne a conoscenza della situazione Giuditta figlia di Merari. Suo marito era stato Manàsse, della stessa tribù e famiglia di lei; egli era morto al tempo della mietitura dell'orzo. Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi.  Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti delle vedove.  Era bella d'aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manàsse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni ed essa era rimasta padrona di tutto.
 Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché temeva molto Dio.
 Vennero da lei ed essa disse loro: "Ascoltatemi bene, voi capi dei cittadini di Betulia. Non è stato affatto conveniente il discorso che oggi avete tenuto al popolo, aggiungendo il giuramento che avete pronunziato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici. Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui, mentre non siete che uomini?  Perché se noi saremo presi, resterà presa anche tutta la Giudea e sarà saccheggiato il nostro santuario e Dio chiederà ragione di quella profanazione al nostro sangue.  Dunque, fratelli, dimostriamo ai nostri fratelli che la loro vita dipende da noi, che i nostri sacri pegni, il tempio e l'altare, poggiano su di noi.  Oltre tutto ringraziamo il Signore Dio nostro che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri.  Certo, come ha passato al crogiuolo costoro non altrimenti che per saggiare il loro cuore, così ora non vuol far vendetta di noi, ma è a fine di correzione che il Signore castiga coloro che gli stanno vicino".
Allora rispose a lei Ozia: "Quanto hai detto, l'hai proferito con cuore retto e nessuno può contraddire alle tue parole.
 Allora Giuditta cadde con la faccia a terra e disse:  "Signore, Dio del padre mio Simeone, tu hai messo nella sua mano la spada della vendetta contro gli stranieri, contro coloro che avevano sciolto a ignominia la cintura d'una vergine, ne avevano denudato i fianchi a vergogna e ne avevano contaminato il grembo a infamia. Tu avevi detto: non si deve fare tal cosa! ma essi l'hanno fatta.  Con l'inganno delle mie labbra abbatti il servo con il suo padrone e il padrone con il suo ministro; spezza la loro alterigia per mezzo di una donna. Perché la tua forza non sta nel numero, né sugli armati si regge il tuo regno: tu sei invece il Dio degli umili, sei il soccorritore dei derelitti, il rifugio dei deboli, il protettore degli sfiduciati, il salvatore dei disperati.  Si alzò dalla prostrazione, chiamò la sua ancella particolare e scese nella casa, dove usava passare i giorni dei sabati e le sue feste.  Qui si tolse il sacco di cui era rivestita, depose le vesti di vedova, poi lavò con acqua il corpo e lo unse con profumo denso; spartì i capelli del capo e vi impose il diadema. Poi si mise gli abiti da festa, che aveva usati quando era vivo suo marito Manàsse.   Si mise i sandali ai piedi, cinse le collane e infilò i braccialetti, gli anelli e gli orecchini e ogni altro ornamento che aveva e si rese molto affascinante agli sguardi di qualunque uomo che l'avesse vista.  Poi affidò alla sua ancella un otre di vino, un'ampolla di olio; riempì anche una bisaccia di farina tostata, di fichi secchi e di pani puri e, fatto un involto di tutti questi recipienti, glielo mise sulle spalle.
Giuditta si presenta agli israeliti  Costoro, quando la videro trasformata nell'aspetto e con gli abiti mutati, restarono molto ammirati della sua bellezza e le dissero: "
Il Dio dei padri nostri ti conceda di trovar favore e di portare a termine quello che hai stabilito di fare, a vanto degli Israeliti e ad esaltazione di Gerusalemme".
Si presenta al campo assiro La presero e la interrogarono: "Di qual popolo sei, donde vieni e dove vai?". Essa rispose: "Sono figlia degli Ebrei e fuggo da loro, perché stanno per essere consegnati in vostra balìa. Io quindi vengo alla presenza di Oloferne, comandante supremo dei vostri eserciti, per rivolgergli parole di verità e mettergli sotto gli occhi la strada per cui potrà passare e impadronirsi di tutti questi monti senza che perisca uno solo dei suoi uomini".  Erano ammirati della bellezza di lei e ammirati degli Israeliti a causa di lei e si dicevano l'un l'altro: "Chi disprezzerà un popolo che possiede tali donne? Sarà bene non lasciarne sopravvivere alcun uomo, perché, liberi, potrebbero far perdere la testa a tutto il mondo".
Oloferne a Giuditta: "Stà tranquilla, o donna, il tuo cuore non abbia timore, perché io non ho mai fatto male ad alcun uomo che abbia accettato di servire Nabucodònosor, re di tutta la terra.
Giuditta a Oloferne Per questo, io tua serva, conscia di tutte queste cose, sono fuggita da loro e Dio mi ha indirizzata a compiere con te un'impresa che farà stupire la terra ovunque ne giungerà la fama.
Oloferne "Da un capo all'altro della terra non esiste donna simile, per la bellezza dell'aspetto e il senno della parola".
Giuditta: "Per la tua vita, mio signore, ti assicuro che io, tua serva, non finirò le riserve che ho con me, prima che il Signore abbia compiuto per mano mia quello che ha stabilito".  Così i servi di Oloferne la condussero alla tenda ed essa riposò fino a mezzanotte; poi si alzò all'ora della veglia del mattino.  poiché è cosa disonorevole alla nostra reputazione se lasceremo andare una donna simile senza godere della sua compagnia; se non sapremo conquistarla, si farà beffe di noi".
Giuditta rispose a lui: "E chi sono io per osare contraddire il mio signore? Quanto sarà gradito ai suoi occhi, mi affretterò a compierlo e sarà per me motivo di gioia fino al giorno della mia morte".
Racconto  Subito si alzò e si adornò delle vesti e d'ogni altro ornamento muliebre; la sua ancella l'aveva preceduta e aveva steso a terra per lei davanti ad Oloferne le pellicce.
 Giuditta entrò e si adagiò. Il cuore di Oloferne rimase estasiato e si agitò il suo spirito, aumentando molto nel suo cuore la passione per lei; già da quando l'aveva vista, cercava l'occasione di sedurla.
Oloferne:"Bevi e datti alla gioia con noi". Giuditta rispose: "Sì, berrò, signore, perché oggi sento dilatarsi la vita in me, più che tutti i giorni che ho vissuto".
Racconto Oloferne si deliziò della presenza di lei e bevve abbondantemente tanto vino quanto non ne aveva mai bevuto solo in un giorno da quando era al mondo.
Rimase solo Giuditta nella tenda e Oloferne buttato sul divano, ubriaco fradicio.
 Allora Giuditta ordinò all'ancella di stare fuori della sua tenda e di aspettare che uscisse, come aveva fatto ogni giorno; aveva detto infatti che sarebbe uscita per la sua preghiera .
Giuditta, fermatasi presso il divano di lui, disse in cuor suo: "Signore, Dio d'ogni potenza, guarda propizio in quest'ora all'opera delle mie mani per l'esaltazione di Gerusalemme.  È venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far riuscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi". Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui;
 poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: "Dammi forza, Signore Dio d'Israele, in questo momento".   E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa.  Indi ne fece rotolare il corpo giù dal giaciglio e strappò via le cortine dai sostegni. Poco dopo uscì e consegnò la testa di Oloferne alla sua ancella,   la quale la mise nella bisaccia dei viveri e uscirono tutt'e due, secondo il loro uso, per la preghiera; attraversarono il campo, fecero un giro nella valle, poi salirono sul monte verso Betulia e giunsero alle porte della città.  Giuditta gridò di lontano al corpo di guardia delle porte: "Aprite, aprite subito la porta: è con noi Dio, il nostro Dio, per esercitare ancora la sua forza in Israele e la sua potenza contro i nemici, come ha dimostrato oggi". Non appena gli uomini della sua città sentirono la sua voce, corsero giù in fretta alla porta della città e chiamarono gli anziani. Corsero tutti, piccoli e grandi, perché non s'aspettavano il suo arrivo; aprirono dunque la porta, le accolsero dentro e, acceso il fuoco per far chiaro, si fecero loro attorno. Giuditta disse loro a gran voce: "Lodate Dio, lodatelo; lodate Dio, perché non ha distolto la sua misericordia dalla casa d'Israele, ma ha colpito i nostri nemici in questa notte per mano mia".
Estrasse allora la testa dalla bisaccia e la mise in mostra dicendo loro: "Ecco la testa di Oloferne, comandante supremo dell'esercito assiro; ecco le cortine sotto le quali giaceva ubriaco; Dio l'ha colpito per mano di donna.  Viva dunque il Signore, che mi ha protetto nella mia impresa, perché costui si è lasciato ingannare dal mio volto a sua rovina, ma non ha potuto compiere alcun male con me a mia contaminazione e vergogna".
Tutto il popolo era oltremodo fuori di sé e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: "Benedetto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo". Ozia a sua volta le disse: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici.
Giuditta "Ascoltatemi bene, fratelli: prendete questa testa e appendetela sugli spalti delle vostre mura.   Attendete poi che sia apparsa la luce del mattino e sia sorto il sole sulla terra: allora, ognuno prenda l'armatura da guerra e ogni uomo valido esca dalla città. Quindi, date inizio all'azione contro di loro come se voleste scendere al piano contro le prime difese degli Assiri, ma in realtà non scenderete.  Allora inseguiteli voi e quanti abitano l'intero territorio d'Israele e abbatteteli nella loro fuga.
Gli assiri "Gli schiavi ci hanno traditi! Una sola donna ebrea ha gettato la vergogna sulla casa del re Nabucodònosor! Oloferne eccolo a terra e la testa non è più sul suo busto". 
   Il dipinto è stato eseguito con grande maestria e con cura dei particolari, soprattutto quelli del panneggio, lavorato con certosina cura. In primo piano, davanti alle porte della città,  campeggia la figura di Giuditta che altera e orgogliosa per la grande impresa compiuta, mostra la testa di Oloferne. E’ presentata secondo gli schemi della tradizionale iconografia e  collocata in un gioco cromatico che varia dal giallo, al verde, dai toni caldi accostati ai toni freddi. Si intravede, inoltre, l’influsso dell’opera pittorica rinascimentale, soprattutto quella fiorentina e si sottolinea che, a più riprese, il Vicari ha avuto occasione di recarsi sulle rive dell’Arno, dove ha affinato il suo stile, studiando l’opera dei nostri grandi artisti del Rinascimento. Questo meraviglioso e straordinario dipinto è il secondo dei quattro soggetti progettati ed è stato donato alla chiesa dal sottoscritto e dalla sorella Rosa, legati alla chiesa “Madre della Divina Grazia” da lunga tradizione familiare, considerandola come se fosse la propria casa.
   Il prezzo concordato con il pittore è stato davvero irrisorio se si considera che per realizzare l’opera ci è voluto quasi un anno. Si tratta, certamente, di un prezzo simbolico e il pittore a riguardo ha voluto sottolineare che ha regalato alla chiesa gran parte del suo lavoro,  che ha richiesto un lungo e faticoso impegno.
   Le due tele sono state portate in chiesa il 13 agosto 2012 prima della celebrazione della santa messa e subito dopo, con l’aiuto di Borino Puzzo, sono state collocate nello spazio ad esse riservato.
                                                                       Diego Aleo
Barrafranca 14 agosto 2012

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